Resoconto dell’incontro a Bologna il 22/6 dell’Assemblea di lotta “Uniti contro la repressione”

Resoconto dell’incontro a Bologna il 22/6 dell’Assemblea di lotta “Uniti contro la repressione”

All’incontro erano presenti realtà sia del nord sia del sud Italia. Non erano presenti i compagni di Modena per problemi legati alla repressione, i compagni di Bassano che hanno inviato un testo scritto e i compagni di Parma. Il dibattito si è svolto sui seguenti punti:

1-bilancio della mobilitazione di Parma sia sulla giornata del 25 maggio sia sul percorso preparatorio delle singole realtà a livello locale;
2-discussione sulla questione “Mafia”;
3-discussione sul sostegno alle lotte in corso nelle carceri;
4-aggiornamento sui processi in corso e partecipazione alle iniziative di solidarietà
5-relazione sulla proposta di assemblea nazionale a Firenze per settembre e su altre iniziative nazionali
6-blog; cassa; data e luogo della prossima assemblea (Napoli!)

Tutte le situazioni si sono espresse con le relazioni delle riflessioni collettive sviluppate dopo il 25 facendo un bilancio che tenesse conto degli obiettivi prefissati.

Complessivamente c’è stata una valutazione positiva della mobilitazione, non tanto per la giornata del 25 maggio in sé, ma soprattutto per le iniziative locali svolte in molte città. In questo è stata positiva e importante la produzione dei materiali (video e volantone) che è servita anche molto alla crescita e al dibattito dei compagni che li hanno fatti.
È emerso il dato del divario quantitativo tra la partecipazione alle iniziative locali (in più casi molto partecipate, in particolare quelle con gli studenti) e la partecipazione al corteo. Su questo punto, il dibattito è stato teso a comprendere le diverse valutazioni sulla partecipazione al corteo tra chi diceva che eravamo in molti (circa 500 con presenza da moltissime città italiane che non fanno parte del percorso dell’assemblea tra le quali anche compagni sardi e di Lecce) e chi troppo pochi rispetto a mobilitazioni sulla repressione svoltesi negli ultimi anni (es No tav).
La questione si è sviluppata nel cercare di capire l’origine di questa diversità di valutazione, vedendola come frutto di una diversa esperienza e sensibilità delle forze soggettive che compongono l’Assemblea sul problema repressione/controrivoluzione e affermando che esiste una distinzione tra la risposta immediata dei movimenti e delle masse che subiscono la repressione quando lottano su fronti specifici (ad esempio in Valsusa) e la lotta solidale, in senso politico generale, contro il carcere e la prigionia politica. I due aspetti fanno parte delle contraddizioni che li generano (repressione/lotte, controrivoluzione/rivoluzione) che influiscono nel loro insieme sia sullo sviluppo delle dinamiche di dominio dello stato che su quello del movimento di classe. Questi due aspetti vanno considerati e trattati entrambi se si vuol far fronte alla repressione nel suo complesso in un’ottica di cambiamento radicale della società. La considerazione da svolgere è che la repressione che si abbatte su movimenti di massa ha oggettivamente un potenziale di risposta più forte, rispetto ad una mobilitazione – com’è quella sul 41 bis – che vuole essa stessa, invece,  far emergere e contrastare il punto più alto dell’apparato coercitivo dello stato. Ciò non vuol dire slegare e contrapporre i due piani e i due momenti, come lo stesso trattamento carcerario dei prigionieri dell’inchiesta contro la resistenza al Tav ha dimostrato dal punto di vista dello stato. Vuol dire invece sforzarci di porre lo sviluppo della lotta contro il carcere e in appoggio alla resistenza dei prigionieri come questione e prospettiva necessaria per il rafforzamento di tutte le lotte, specie quelle che assumono carattere di massa e natura conflittuale.
Questa considerazione preliminare non deve mettere però in secondo piano il problema di capire come rompere l’accerchiamento, ben evidente nella gestione della manifestazione da parte delle autorità. Altro approfondimento nel dibattito è stato sulla militarizzazione di Parma e sulla conseguente difficoltà a perseguire uno degli obiettivi che ci si era posto, relazionarci con la città, come era stato fatto nel percorso preparatorio con le assemblee e i volantinaggi davanti al carcere. A questo proposito si è detto che l’innalzarsi della militarizzazione e il tentativo d’isolamento messo in atto dallo stato riguarda più in generale tutte le mobilitazioni che sfuggono al suo controllo (dei suoi apparati e dei vari servi) basti guardare le vicende della Valsusa (e chi è stato ad es. a Lione, per la lotta No Tav,  ha visto che non è neppure una cosa solo italiana). Dunque anche in situazioni che, per ritornare a quanto dicevamo poc’anzi, tendono a mobilitare ben più persone di quanto siamo riusciti noi. Ciò significa che non bisogna enfatizzare la militarizzazione, ma vederla come una mossa naturale del nemico.
Inoltre è stato osservato che lo stato si sta preparando, a livello di riadeguamento di apparati e normative, al “pericolo” di nuovi e sempre più forti disordini sociali per via della situazione determinata dalla crisi in corso (nuove disposizioni giuridico/militari e formazione di nuovi corpi di polizia anche europea, vedi “Eurogendorf”) con particolare “suspense” per ciò che potrà accadere a settembre di fronte al perpetuarsi delle misure di lacrime e sangue, all’aumento della disoccupazione e ai segnali di rivolta che arrivano da tutto il globo. Scenari per alcuni versi grotteschi, come quello di Parma, rientrano dunque anche in una sorta di addestramento dello stato al conflitto di classe.
Nello specifico, però, si è fatta la considerazione che abbiamo attorno due cordoni sanitari. Su entrambi va “lavorato”. Uno è per l’appunto quello “militare” di cui si diceva. In proposito, alcuni compagni hanno proposto di cambiare forma di mobilitazione e trovare anche forme alternative al corteo. Nel dibattito è emerso che non va abbandonato questo terreno di mobilitazione, anzi, va capito come affrontarlo meglio e contemporaneamente vanno sviluppate altre forme di lotta. Le diverse forme di lotta non vanno contrapposte, anzi, si completano e si rafforzano l’un l’altra.
L’altro cordone sanitario è ideologico. Su di esso, è stato precisato che non riguarda solo le masse. Riguarda anche e, soprattutto, parte del cosiddetto movimento. Nel senso che molti compagni e situazioni, influenzati dalla propaganda del nemico, si sottraggono alla mobilitazione contro i punti alti della repressione affermando che farlo li espone al titolo di “mafiosi e terroristi” e che li allontana dalle masse le quali hanno altri problemi. Ciò non è la verità, ma una sua parte e va, invece, vista la verità nel suo insieme contraddittorio. Per quel che riguarda i prigionieri è ormai chiaro che il 41bis riguarda tutti perché informa la vita delle carceri in cui è applicato e più in generale tutto il sistema di differenziazione. Per quel che riguarda le masse è pur vero che, per larga parte, non sentono come concreto il problema del  carcere, del 41bis e della prigionia politica, ma non è perché queste cose non esistano e non abbiano un peso nelle loro vite da sfruttate, ma semplicemente perché non le “vedono”, il potere e la sua egemonia le offusca. Non occuparci di queste cose non ci avvicina di più alle masse (nel senso di avvicinarci alla loro lotta con l’obiettivo reale del cambiamento delle condizioni di vita e sfruttamento), al contrario, dobbiamo quindi occuparci di queste questioni e, con più forza, unirle ai problemi concreti che la gente vive. Questo con l’internità alle loro lotte portando il contributo della nostra esperienza accumulata. Per questo si è deciso di riprendere con più lena gli altri terreni su cui è nata l’assemblea, quelli dei processi alle lotte, dei licenziamenti politici, del controllo del territorio e di impostare un lavoro che permetta di contribuire e partecipare uniti come Assemblea ad alcune scadenze nazionali, come sperimentato per la lotta No tav e il corteo di Dax, costruendo e migliorando una capacità locale di intervento su questi temi. Da una Assemblea all’altra ogni situazione può proporre la partecipazione a scadenze che via via nascono.
Sempre rispetto alla mobilitazione di Parma si è registrato l’aspetto positivo, il raggiungimento di un obiettivo che si era prefissato, quello di rompere il tabù sul 41bis per “liberare” la lotta dei prigionieri sottoposta a pesanti ricatti sul quale il 41bis la fa da padrone e anche quello di concretizzare la parola d’ordine, spesso solo ideologica, del sostegno ai militanti rivoluzionari e della difesa della loro identità.
Il tabù si è incrinato, in molte città se n’è discusso in assemblee in ambienti non solo di compagni. Esemplificativo a questo proposito il “Controcorso” tenuto alla facoltà di legge di Napoli con interventi di professori e legali. Un’esperienza da estendere perché, al di là del tema in questione, ha avuto la capacità di legare la critica concreta alla didattica dell’università al servizio dei padroni alla critica dei rapporti sociali esistenti. Di legarla cioè alla lotta di classe, compreso il suo portato repressivo di cui il carcere è al centro. Quello dei compagni di Napoli è un esempio positivo anche perché dimostra come sia possibile affrontare i alcuni contenuti dell’Assemblea, come gli aspetti più alti in cui si articola la repressione, in contesti per “non addetti ai lavori”. Ciò è la prova di come sia altrettanto possibile collegare il lavoro nazionale dell’Assemblea con il lavoro locale che i compagni svolgono a livello territoriale.
Altro aspetto positivo è stata la risposta di lotta arrivata dalle carceri, la mobilitazione, ancora in corso, al “Buoncammino” di Cagliari e quella al carcere di Viterbo. Per la prima volta, dopo anni, si è rovesciato il rapporto tra dentro e fuori: c’è stato uno scambio reciproco tra i compagni, che hanno fatto veicolare nelle carceri l’appello della manifestazione, e i detenuti, che hanno accolto la proposta dell’Assemblea e hanno saputo dialetizzarsi con l’esterno. Le proteste messe in atto in entrambe le prigioni hanno assunto un carattere collettivo, in particolar modo a Cagliari, dove circa trecento detenuti hanno sottoscritto una lettera come contributo solidale da diffondere il giorno del corteo, nel corso della quale veniva annunciato l’inizio dello sciopero del carrello nei giorni a ridosso del 25 maggio; ma anche a Viterbo, dove è stato fatto uno sciopero della fame. Il fatto di essere riusciti a instaurare un legame con alcuni detenuti è un ulteriore aspetto positivo, che implica la necessità di continuare a lavorare in questa direzione.
A Cagliari ci sono state mobilitazioni esterne che hanno ripreso i temi del corteo.
Su questo sono state fatte relazioni che hanno informato sulle mobilitazioni in corso in Sardegna (dentro e fuori le mura) e sulla necessità di rafforzare i rapporti con i compagni vedendo se si riesce a fare un incontro collettivo. La proposta di fare un’iniziativa nazionale in Sardegna fatta da alcuni compagni è stata trasformata in quella di sostenere le lotte attuali e di dare disponibilità, qualora questa fosse una necessità per i compagni sardi, a costruire là un mobilitazione generale. Sono state lette parti di lettere dal carcere di Cagliari.
Successivamente si è deciso di approfondire la discussione sulla “mafia” distribuendo i due testi fino ad ora prodotti da compagni dell’assemblea e chiedendo a tutti di discuterli e mandare contributi al fine di produrre un punto di vista collettivo da esternare successivamente con un opuscolo e/o volantone che sintetizzi in maniera semplice e comprensibile il dibattito.
L’Assemblea è poi proseguita nella discussione sul come sostenere le lotte in corso nelle carceri e partecipare alle varie iniziative che si stanno sviluppando in Italia.
Si è relazionato sulle iniziative a Roma (processo devastazione e saccheggio): sia squelle già svolte sia quelle in programma che saranno definite meglio all’assemblea che si terrà a Roma dopo il presidio per il processo che si terrà il 27 di giugno; una tre giorni di iniziative sul tema di “devastazione e saccheggio” e a sostegno degli imputati del 15 ottobre si è già tenuta presso La Sapienza di Roma dal 20 al 22 maggio); sulla partecipazione al processo di Alfieri come un’importante occasione per scoperchiare la pentola delle nefandezze nelle carceri e sostenere la coraggiosa lotta portata avanti da questo compagno.
È stato letto l’appello di Olga per una “Proposta collettiva di discussione per settembre”, un’assemblea, da tenere in centro Italia, di confronto sulle mobilitazioni contro il carcere e a sostegno delle lotte dei prigionieri. È stato distribuito il contributo per quest’assemblea del Cccpsri.
Si è discusso del blog dell’Assemblea per valutare se continuarne l’utilizzo. A questo proposito si è deciso di iniziare a valorizzarlo inserendo anche notizie internazionali col contributo di altre situazioni oltre a quelle che lo “gestivano” fino ad ora. Si è valutato però che, per un pieno utilizzo e sviluppo, sia necessario costruire un gruppo “redazionale” che se ne faccia carico e su questo andrà ripresa la discussione.

Si è deciso di fare un incontro con le situazioni assenti dall’Assemblea: Parma e Bassano.

Infine si è fissata la prossima data d’incontro per il 26 ottobre a Napoli

È importante impegnarsi a sostenere la cassa dell’Assemblea per permettere a tutti i compagni di spostarsi e partecipare ai dibattiti.

25/6/2013

 

 

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