Pubblichiamo di seguito un articolo che cerca di tratteggiare alcune linee guida per un’analisi rispetto alla questione della repressione politica portata avanti dall’Unione Europea. Anche su questo fronte, così come sui piani dell’integrazione economico-politica, ci troviamo ad assistere ad un processo di progressivo accentramento delle strategie a livello comunitario, che avanza però con pesanti contraddizioni derivate dall’oggettivo contrappeso rappresentato dai singoli stati, delle loro specificità in termini di legislazioni, relazioni, apparati e priorità d’interesse, e sia dalle funzionalità proprie del rapporto comunitario. Questo articolo è stato scritto prima che si verificassero i nuovi attacchi di venerdì 13 novembre a Parigi, ma nonostante ciò coglie a pieno l’attualità della situazione. Una fase storica chiaramente rappresentata dal rimbalzo in casa della tendenza ad una politica belligerante che i diversi Stati conducono fuori dai confini nazionali, dimostrando chiaramente il legame che sussiste tra guerra imperialista sul fronte esterno e il suo riflesso sul fronte interno, che si articola e dirama capillarmente in ogni ambito economico, sociale e politico della società . Sarà interessante capire come declineranno l’ultima “emergenza terrorismo” in termini di nuove leggi, pacchetti sicurezza, controllo sociale e repressione; intanto assistiamo alla risposta della Francia, la quale ha immediatamente chiuso le frontiere, dichiarato lo stato di emergenza, dato la facoltà di intervenire all’esercito, che scavalca la polizia locale e la storica gendarmeria francese, oltre che soffiare sul vento della mobilitazione reazionaria, istigando episodi di intolleranza e razzismo verso le comunità arabe e in generale gli immigrati. La tendenza è quella che già da anni si sta delineando, ovvero cercare di dare una gestione del conflitto in aree urbane sempre più simile alla gestione dei teatri di guerra. Di fronte a tutto ciò è fondamentale avere chiara la situazione e sopratutto comprendere la vulnerabilità degli Stati stessi, che pur mostrando i muscoli, non sono in grado di gestire gli effetti collaterali della crisi, delle politiche antipopolari che portano avanti e della tendenza alla guerra come unica via di uscita, se non con l’uso della repressione e del pugno di ferro. Rilanciare una forte mobilitazione contro la guerra imperialista, unita alla lotta contro la repressione e alle altre lotte popolari è una strada possibile da percorrere per opporsi alla barbarie dell’imperialismo.
L’articolo è tratto dal numero 1 della rivista
“Antitesi, analisi e strumenti per la rivoluzione proletaria“.
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