Expo tra censura, controllo e licenziamenti

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Non accettiamo il bavaglio, rilanciamo la lotta e la mobilitazione!
Sessantamila lavoratori in Expo sono stati sottoposti ai controlli di questura (DIGOS) e prefettura di Milano e 600 pass per entrare nel sito sono stati negati. Ciò per molti ha significato il licenziamento. Non è dato sapere i criteri con cui le forze dell’ordine concedano o meno il via libera se non che Expo è un sito “sensibile”; si tratta a tutti gli effetti di un controllo dell’identità politica delle persone e della conseguente negazione del lavoro a chi non è gradito.
Anche nelle iniziative esterne al sito, comprese quelle di dibattito, vengono utilizzati gli stessi criteri e in questo caso si applica la censura di fascista memoria.
E’ successo con la chiusura per alcuni giorni dell’Università Statale con l’obiettivo di impedire una assemblea NO Expo, ancora più recentemente presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica di Milano ad un incontro organizzato dal collettivo studentesco della scuola è stato negato il diritto a parlare ad alcuni relatori No Expo dall’amministrazione dell’università.
Come Fronte Palestina impegnato nel sostegno alla resistenza palestinese e nella lotta contro Expo con lo slogan “No expo, no Israele” ci siamo rifiutati d’intervenire al convegno alla Cattolica dove ad altri attivisti “No Expo” era stato negato il diritto ad esprimersi.
Proprio l’università che dovrebbe essere luogo aperto della cultura e del confronto, dove il rettore e l’amministrazione avrebbero il ruolo di garanti della democraticità e della libera espressione, è di fatto oggi il luogo della diffusione e dell’affermazione del pensiero dei potenti e della negazione coatta di ogni pensiero critico. Questo è già successo in passato, nei momenti bui della storia.
Denunciamo a viva voce che Expo, fiera delle multinazionali che sfruttano e distruggono il pianeta e fomentano le guerre, è anche un modello di comando e controllo sul lavoro, di propaganda del sionismo e con esso della legittimazione delle ideologie di guerra. È una ideologia che quotidianamente è realtà non solo per i palestinesi, ma investe sempre più direttamente l’Italia e l’Europa. Lo stand di Israele è il più grande e centrale di tutta l’esposizione e, al di là dell’effetto visivo, la sostanza sta nella finalità concreta di questa vergognosa presenza, che è quella dell’esportazione del modello sionista in ogni campo, compresi quello della guerra, della sicurezza e del controllo.
Israele è una vera e propria industria della violenza con un apparato militare – industriale – securitario potente e all’avanguardia, la Palestina è un laboratorio di oppressione, Gaza un grande campo di sperimentazione e una vetrina dell’industria bellica, la Cisgiordania un laboratorio per il controllo delle masse. L’industria della repressione israeliana fa affari in tutto il mondo esportando modelli e tecnologie per la sicurezza alle frontiere, per la sorveglianza sociale, etc.
Anche la sicurezza per Expo oltre che con le disposizioni del decreto Alfano sul terrorismo, che ha stanziato fondi per armi e altri strumenti repressivi, si avvale di collaborazioni e tecnologie israeliane. Ad esempio il centro operativo di controllo per l’esposizione universale è stato messo a punto da Selex ES, gruppo di Finmeccanica. L’amministratore delegato di Selex Es Fabrizio Giulianini ha dichiarato: “la scelta di Expo 2015 di concepire il sito espositivo come il modello di una moderna Digital Smart City lo rende un ideale laboratorio e dimostratore per le nostre tecnologie. La piattaforma che stiamo mettendo in campo è, infatti, una declinazione di quello che la nostra azienda può fare per le città del futuro: renderle dei luoghi sicuri, ‘intelligenti’ e quindi maggiormente fruibili da cittadini e visitatori”. Tutto questo avviene con il vanto di non risultare invadenti.
Queste informazioni, accennate qui solamente in modo superficiale, danno comunque l’idea del peso che ha Expo nei modelli che presenta. Altro che “Energia per la vita”!
Non solo, anche Rete Eco (Ebrei contro l’occupazione) dichiara che in questi ultimi anni l’Italia si è confermata uno dei paesi europei più “collaborativi” con Israele e sono numerosi gli incontri bilaterali nei due paesi.
Reagire a tutto questo è d’obbligo se coerentemente si vuole continuare e sviluppare la lotta in primo luogo contro Expo, ma più in generale è d’obbligo sostenere ogni lotta e protesta contro le condizioni sempre peggiori di sfruttamento e devastazione alle quali lavoratori e masse popolari sono sottoposte, oggi più che mai dentro la crisi, nei luoghi di lavoro e nei territori.
A settembre ad Expo è previsto l’arrivo di Peres e Abu Mazen, che visiteranno lo stand della Palestina relegato nell’area “arida”, e probabilmente dello stesso Netanyahu per l’incontro bilaterale.
Come Fronte Palestina lanciamo fin da subito un appello alla mobilitazione per un corteo cittadino nella giornata del 19 Settembre per non far passare sotto silenzio questa vergogna!
Fronte Palestina
giugno 2015

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