Come Assemblea di lotta “Uniti Contro la Repressione” riteniamo importante esprimere la nostra incondizionata e totale solidarietà a tutti i compagni e le compagne che, in questi mesi, perché impegnati in diversi percorsi contro la presenza di Expo 2015 a Milano, a vario titolo, sono stati colpiti dalla repressione. La campagna repressiva si è scatenata nei mesi precedenti all’inaugurazione della Fiera ed è diventata pesantissima negli ultimi giorni prima del Primo Maggio con sgomberi, arresti, perquisizioni.
A Cremona, alcune settimane prima alcuni compagni erano stati raggiunti da misure cautelari per i fatti legati all’aggressione fascista al Centro Sociale Dordoni dello scorso gennaio, analogamente altri compagni di Torino sono stati perquisiti e questi sono solo due esempi dello stillicidio di operazioni repressive che sono avvenute in tutta Italia, alcune di esse fatte esplicitamente per garantire la sicurezza dell’inaugurazione di Expo.
Durante la giornata del Primo Maggio numerosi pullman provenienti da tutta Italia sono stati fermati, identificati e perquisiti i compagni a bordo, alcuni giovani presenti al corteo sono stati fermati, trattenuti in questura e altri arrestati. Subito dopo la giornata di mobilitazione, 5 compagni francesi vengono arrestati a Genova, grazie all’agilità degli acrobati in divisa che salgono dalla grondaia per irrompere nelle case, seppure in un contesto estraneo alla mobilitazione contro Expo, viene loro contestata la presenza a Milano. Quattro di loro sono stati scarcerati ed espulsi in Francia!
Nella città che ospita la fiera mondiale, la repressione continua pesantemente anche dopo il Primo Maggio con sgomberi di case, di spazi sociali, denunce, arresti e processi per direttissima. La Questura, di marca Pd, sta alacremente lavorando per mettere a tacere tutti quelli che a Milano lottano e disturbano l’immagine della “Milano democratica” capace di gestire i conflitti sociali restando nei limiti del conflitto “civile”. Attacchi repressivi che hanno colpito anche i lavoratori Atm con la precettazione per lo sciopero nazionale del 15 maggio e giustificato da Pisapia e dal Prefetto Tronca per evitare disagi ai visitatori Expo; gli stessi ferrotranvieri che qualche settimana prima avevano messo in ginocchio Milano con uno sciopero. La pace sociale è una pia illusione in una metropoli dove le contraddizioni sono allo stremo e dove la paura di proteste arriva fino a negare il pass d’accesso per andare a lavorare a numerosi dipendenti di Expo, che pertanto sono stati licenziati. Infatti, la Questura di Milano, dopo aver visionato i curriculum del personale assunto per i sei mesi di Expo, ha segnalato come non gradite tutta una serie di persone che si sono viste negare la possibilità di recarsi a lavoro a partire dal 1 maggio.
Dare solidarietà a tutti coloro che vengono colpiti dalla repressione per il Primo Maggio vuol dire schierarsi al fianco di chi durante quella giornata c’era, di chi ha deciso di scendere in piazza durante una data significativa: la giornata di lotta dei lavoratori. Vuol dire sostenere chi ha manifestato in un corteo che univa le varie lotte e proteste di resistenza dentro la crisi alla contestazione di Expo: la vetrina delle multinazionali che saccheggiano e distruggono il pianeta, si nutrono dello sfruttamento dei popoli, alimentano i massacri e le guerre. Una vetrina, ma anche un laboratorio per il super sfruttamento del lavoro precario, l’incentivazione di quello gratuito e il controllo coatto dei lavoratori. A tutto questo va aggiunto lo sdoganamento dell’ideologia sionista con lo stand di Israele che si presenta con il padiglione più grande a fianco di quello italiano.
Il Primo Maggio un corteo enorme è sfilato a Milano ed ha espresso apertamente tutto il proprio dissenso al modello Expo e verso la politica di guerra e sfruttamento del governo Renzi. Una politica di guerra sul fronte esterno con una posizione chiaramente interventista, una politica che irrompe necessariamente anche sul fronte interno, quotidianamente nelle nostre città, fatta di controriforme antipopolari e di militarizzazione e repressione per imporle senza alcun consenso.
La giornata del Primo Maggio è stata animata da chi vive i pesanti effetti della crisi sulla propria pelle, di chi lotta per la casa, contro disoccupazione, precarietà e licenziamenti, di chi viene doppiamente sfruttato perché immigrato, dei giovani proletari che popolano la metropoli e si oppongono alla vita misera cui sono costretti, di chi lotta contro la devastazione ambientale, la tav e le grandi opere. Un grosso spezzone del corteo ha espresso con forme radicali l’opposizione e la rabbia per le condizioni di vita imposte dal sistema esprimendo una capacità di rottura con gli schemi imposti. Ora la linea di demarcazione diventa netta tra chi sta nel campo della lotta, anche radicale, e chi corre frettolosamente a fare i “distinguo” e a dissociarsene, finendo oggettivamente nel campo di chi grida “Delinquenti: arrestateli tutti!” o “I riot asfaltano il movimento”.
Il modello di gestione dell’ordine pubblico, di marca Pd, è saltato: misure preventive, sgomberi, sequestri, perquisizioni e arresti non sono serviti a nulla! Il piano di controllo della città è saltato mostrando che non sono onnipotenti. Il tentativo di soffocare ogni forma di dissenso, di lotta e di protesta sul nascere diventerà ancora più forte, l’apparato repressivo e le nuove leggi, vedi il recente decreto Alfano, sono pronti all’uso!
Per tutto questo pensiamo sia necessario anche da parte nostra rafforzare il dibattito e i nostri strumenti per fare fronte contro la repressione e in primo luogo sostenere e rilanciare le lotte, organizzare la solidarietà attorno a chi viene colpito dalla mannaia dello stato. E soprattutto fare scudo attorno alle realtà di lotta sotto il mirino della giustizia borghese.
Rafforzare i nostri strumenti significa anche socializzare la nostra piccola esperienza, unendola a quella di tante altre realtà che hanno avuto a che fare con arresti, carceri e tribunali, collettivi e organismi che da anni si confrontano con la repressione dello stato. Va trasmessa la cultura della solidarietà di classe come arma nelle mani di chi lotta per difendersi e soprattutto difendere le lotte stesse e va combattuta la logica della dissociazione.
Se la repressione è indice della debolezza della classe dominante per noi, al contrario, può essere un’occasione di rafforzamento! Non lasciamoci intimorire, non siamo soli, continuiamo a lottare.
Alcuni consigli pratici:
– in caso di fermo e/o arresto è meglio nominare un avvocato di movimento o comunque conosciuto dai compagni.
– sempre in caso di fermo e/o arresto è meglio avvalersi della facoltà di non rispondere e respingere ogni addebito fino a quando non si hanno elementi completi sull’accusa e non si è parlato con l’avvocato. In generale è sempre opportuno avere e leggere tutte le carte.
– Riguardo al prelievo del Dna, il prelievo del Dna è consentito dall’articolo 394 ed è coatto, ovvero se ti rifiuti procedono ugualmente.
Sui consigli pratici esistono una miriade di opuscoli in internet, ma è cosa utile discuterne collettivamente nelle proprie realtà di lotta. È un’occasione da cogliere per affrontare una discussione che di questi tempi è necessaria, soprattutto per i giovani che non l’hanno mai affrontata.
Assemblea di lotta: uniti contro la repressione
26 maggio 2015
Maggio 2015