Gianluca e Adriano sono stati arrestati il settembre scorso con il reato di “associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico” perché accusati di 13 azioni realizzate nel territorio dei Castelli Romani contro banche, una pellicceria, sedi distaccate di ENI ed ENEL e contro la discarica di Albano. Ora sono sotto processo con l’imposizione della partecipazione all’udienza tramite videoconferenza, la decisione sarebbe motivata da una circolare del Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria
Il 26 maggio scorso si è svolta la prima udienza nella quale la Giudice ha nuovamente confermato la richiesta del Pm Minisci (lo stesso Pm del processo per il 15 Ottobre 2011) di svolgere il processo in videoconferenza. A sostegno di Gianluca e Adriano, sottoposti a regime di detenzione in alta sorveglianza rispettivamente nelle carceri di Alessandria e Ferrara, e per non far passare nel silenzio e nell’indifferenza l’adozione di uno strumento, quello della videoconferenza, che tende a isolare, demonizzare e disumanizzare ancora di più la condizione di chi è prigioniero, era stato indetto un presidio.
L’udienza non si è svolta per motivi tecnici legati alla nomina dell’avvocato di difesa di Gianluca e il processo è stato rinviato al 4 Luglio.
Una volta arrivata la notizia del rinvio dell’udienza, è stato improvvisato un corteo all’interno del tribunale, scandendo cori e lanciando volantini di solidarietà nei confronti dei prigionieri e contro l’utilizzo della videoconferenza: nei corridoi del tribunale Roma è rimbombato l’eco delle voci solidali con Gianluca ed Adriano a ribadire che chi lotta non è mai solo e che, nemmeno la videoconferenza, potrà rompere la solidarietà.
Di seguito pubblichiamo la lettera di Adriano sul rifiuto di partecipare alo processo in videoconferenza Continua a leggere→