Il 13 maggio 2013, la compagna Andi del Revolutionaerer Aufbau (Svizzera) e del Soccorso Rosso Internazionale è stata incarcerata, nella prigione di Winterthur, in quanto è stata resa esecutiva la sentenza di condanna a 17 mesi, emanata al processo conclusosi nel novembre 2011, a Bellinzona, per “danni alla proprietà e impiego di esplosivi con intento delittuoso”. Secondo l’accusa, la compagna avrebbe compiuto azioni contro il consolato spagnolo e contro una caserma di polizia, a Zurigo. Con questa sentenza il giudice del tribunale di Bellinzona ha inteso, non solo, colpire la compagna, ma dare un segnale intimidatorio a tutto il movimento. Infatti, rimangono significative le parole da lui pronunciate alla sentenza, con cui ha affermato che questa condanna doveva servire soprattutto come deterrente e “di esempio verso i giovani militanti”.
La compagna viene colpita per la sua militanza di comunista (si tratta del sesto arresto!) e l’organizzazione di cui fa parte (Revolutionaerer Aufbau) è sempre in prima fila nella lotte anticapitaliste e antimperialiste. La compagna viene colpita anche per il lavoro di solidarietà ai rivoluzionari prigionieri. Tematica che l’ha vista impegnata negli anni ‘70/’80 rispetto ai prigionieri della RAF, e, durante tutti questi anni, costantemente nei confronti dei rivoluzionari prigionieri, in Italia, Spagna, Francia, Svizzera, Grecia, ecc.
La sentenza di condanna è un ennesimo esempio di azione repressiva da parte degli apparati dello Stato, volta a colpire i militanti che si battono in solidarietà con chi viene represso per aver lottato contro questo sistema basato sullo sfruttamento e l’oppressione.
Infatti, la “solidarietà” è oggetto di duro attacco non solo in Svizzera, ma in molti paesi europei. In Spagna, dove gli organismi di solidarietà ai rivoluzionari prigionieri vengono criminalizzati fino ad essere considerati illegali e i loro militanti incarcerati; in Belgio vi è un procedimento giudiziario contro alcuni militanti del S.R- belga, il cui processo sarebbe previsto per gli inizi del 2014; in Germania, alcuni compagni impegnati nella rivista “Gefangenen Info”, e altri nell’organismo “Netzwerk Freiheit fuer alle politischen Gefangenen” sono stati talvolta oggetto di inchieste e processi e continuano ad essere nel mirino degli apparati repressivi con indagini tuttora in corso.
Per quanto riguarda l’Italia, si possono fare numerosi esempi di come viene colpita la “solidarietà” di classe. In particolare sono da ricordare alcuni provvedimenti legislativi adottati in questi anni, tesi a reprimere chi esprima concretamente solidarietà nei confronti di detenuti in regime di 41 bis; i procedimenti giudiziari contro alcuni militanti che con manifesti e striscione avevano manifestato la propria solidarietà ai compagni perseguiti nell’ambito dell’inchiesta “Tramonto”; il processo a L’Aquila contro compagni accusati di istigazione e apologia di reato, durante il corteo del giugno 2007, sotto il carcere di L’Aquila. Da ultimo, va messo in risalto quanto successo il 25 maggio, in occasione della manifestazione organizzata contro il carcere, l’articolo 41 bis, sotto il carcere di Parma. La giunta comunale di Parma, capeggiata dal sindaco del M5S, e gli apparati repressivi, con il supporto dei mass media, hanno decretato uno stato di polizia e un clima repressivo rispetto alla manifestazione. Centinaia di agenti antisommossa alla stazione, all’uscita delle autostrade, in tutta la città e l’accerchiamento di tutta l’area interessata dal percorso del corteo. È stato emesso un provvedimento che disponeva l’uscita anticipata dalle scuole, cosa che ha pochi precedenti! Sono stati piombati i tombini, vietato il parcheggio alle auto e alle biciclette, ed è stata fatta un’opera di terrorismo psicologico verso la cittadinanza, inducendola a tenere chiusi i negozi e non transitare per strada nella ora che si svolgeva la manifestazione. Questa criminalizzazione sta a significare che lo Stato ha paura che la solidarietà di classe si sviluppi e si instaurino rapporti fra chi sta dietro le sbarre e il movimento all’esterno.
D’altra parte, è illuminante l’uscita di qualche settimana fa del presidente della Repubblica, Napolitano: “La violenza va combattuta, va fermata, va scongiurata prima che si trasformi in eversione e distruzione. Non possiamo essere tranquilli di fronte al riemergere di estremizzazioni violente, anche soltanto sul piano verbale o sul piano della propaganda politica”, A tutto ciò, noi pensiamo che la risposta migliore sia rilanciare la lotta e sviluppare sempre più percorsi estesi di solidarietà di classe ai prigionieri.
Costruire la solidarietà, abbattere il capitalismo!
Compagne e compagni per la costruzione del Soccorso Rosso in Italia
maggio 2013