Torino aula bunker carcere Le Vallette 14 febbraio 2013
Come avevamo deciso una piccola delegazione di “imputate/i”oggi è entrata in aula. Già l’ingresso è stato segnato da qualche novità chiaramente introdotta come risposta all’azione collettiva della precedente udienza. Si entra infatti separati, prima gli/le “imputate/i”, poi il “pubblico”. Una volta dentro non ci fanno entrare immediatamente nei banchi, perché “il presidente ha dato l’ordine di ingresso solo nel corso dell’appello”. In aula sono disposti una trentina di carabinieri. Lui pretende di farci entrare uno/a alla volta, invece riusciamo ad entrare tutte/i assieme quando ha concluso l’appello – un’operazione che dura oltre mezz’ora. Prima dell’inizio i cameraman delle televisioni chiedono al tribunale di poter riprendere, il presidente gli dà l’ok, escludendo però di riprendere noi dato il nostro rifiuto.
La presenza degli avvocati è molto fitta da una parte e dall’altra, forse perché il punto oggi in ballo è quello della “costituzione delle parti civili”. Contro di noi si costituiscono, oltre ai 180 sbirri, le ditte della devastazione (per prima RTF), tutti i possibili sindacati e organismi simili di polizia, guardia di finanza e carabinieri sospinti dalla costituzione della presidenza del consiglio unita a quella dei ministeri Difesa, Interni e Economia e Finanza. Tutti costoro esigono una montagna di soldi. Come dice un avvocato il processo rischia di lasciare il carattere “penale” per assumere quello “civile”. Terminata questa operazione molto caotica e approssimativa, il tribunale pensa di cavarsela concedendo 2 ore alle parti di prendere visione delle costituzioni e quindi procedere oltre. Non è così.
Gli avvocati della difesa fanno notare che la costituzione delle parti civili è stata carente, cioè in quasi tutte non vi è specificato chi si costituisce e contro chi; che le carte sono da fotocopiare, sono voluminose, insomma per visionarle sono necessari giorni, settimane e non ore. A questa richiesta si uniscono anche gli avvocati dell’accusa, cosicché alla fine il tribunale decide di concludere la pagina “costituzione parti civili” nella prossima udienza fissata per l’8 marzo alle 9,30 sempre nell’aula bunker. Di fronte alla riconferma di questa sede processuale alcuni avvocati chiedono esplicitamente al tribunale di riportare il processo nel tribunale in centro città. Il presidente risponde “non è possibile”, in quanto la corte d’appello (di Torino) ha disposto, dice, che le aule grandi (1 e 2) del tribunale fino all’inizio di luglio devono rimanere a completa disposizione del “processo Eternit”. Gli avvocati allora chiedono una sospensione del processo fino a luglio; la risposta del presidente è perentoria “non è possibile”. Al “pubblico” che applaude l’intervento degli avvocati, sottolinea con stizza “il pubblico non può applaudire”. La corte conferma la continuazione del processo nel bunker assieme al calendario delle udienze appena ritoccato, eccolo:
in marzo i giorni delle udienze sono l’8 e il 14;
in aprile non c’è nessuna udienza;
in maggio 10 e 31;
in giugno 7, 14 e 21;
in luglio 5, 12 e 19.
Abbiamo poi raggiunto il presidio No Tav in piazza Castello. Infine siamo riuscite/i, una decina di “imputate/i”, a riunirci. Si è discusso e preso l’impegno di continuare a seguire il processo nei modi decisi già il 1° febbraio (una delegazione per l’8 marzo c’è, chi si vuole unire, ci si trova alle 9-9 e mezzo davanti al bunker); in particolare di stendere una dichiarazione sulla costituzione di parte civile del governo, di socializzare la nostra esperienza…
Nel pomeriggio un gruppo di solidali ha raggiunto il carcere S. Michele di Alessandria per esprimere con un saluto solidarietà, vicinanza a tutti i prigionieri, in particolare ai compagni Alfredo e Sergio entrati in sciopero della fame il 29 gennaio contro la decisione che nega i colloqui con le loro compagne.